Daniele Davì

Contro-indignazione o contro-informazione?

E’ stata uccisa Daniza, una mamma orsa di 3 cuccioli.

Il primo giorno, i media compatti e uniti, indignatissimi diffondono notizie, articoli, foto e video di personaggi pubblici e importanti che si sentono tristi, offesi e disgustati per quanto accaduto.

Personalmente credo che tutti i responsabili debbano andare a casa e che ciò che è successo è una cosa inaudita, inumana ed illogica.

Il secondo giorno, i media compatti e uniti diffondono, notizie, articoli, foto, video, riflessioni e interviste su come le persone dovrebbero vergognarsi per aver mostrato più compassione e tristezza per quanto accaduto a mamma orsa che non ad altri esseri umani, che muoiono uccisi e torturati ogni giorno in ogni parte del mondo.

La mia opinione è fare questo tipo di paragoni sia indecente, inutile e serve solo a fare soldi. Produrre contenuti che polarizzino il pensiero delle persone, e che dicano tutto ed il contrario di tutto nell’arco di 2 giorni serve solo a produrre un contenuto in più. Una pagina in più da cui ricavare soldi attraverso la pubblicità. Un link Facebook in più su cui attrarre persone che commenteranno tutto ed il contrario di tutto, iniziando lotte assurde e senza senso.

Un esempio.

Articolo 1 dell’Huffington post: “Orsa Daniza morta, narcotizzata per la cattura non è sopravvissuta” (qui).
[…]  Anche per l’Ente nazionale protezione animali (Enpa) quanto accaduto all’animale potrebbe essere “animalicidio” e per questo l’associazione chiede le dimissioni del ministro per l’Ambiente Gian Luca Galletti. “Consideriamo responsabili di questa morte tutte le autorità che hanno scatenato questa guerra di religione. Ma anche coloro che hanno materialmente eseguito l’intervento di telenarcosi”, ha ribadito la presidente Carla Rocchi.

Sono numerosi gli esponenti politici che intervengono per stigmatizzare l’uccisione dell’orsa mentre il Corpo forestale dello Stato ha aperto un’indagine ipotizzando i reati di maltrattamento e uccisione senza motivo reale dell’animale. Il ministro all’Ambiente Galletti giudica quanto accaduto “una sconfitta” e ha chiesto chiarimenti alla Provincia di Trento: “Una relazione sull’accaduto per chiarire la dinamica dei fatti e chiedendo misure affinché episodi come questo non si ripetano più”. […]

Articolo 2, sempre Huffington Post: “Più indignazione per Daniza che per le suore in Burundi. Ma la vita umana vale più di quella di un animale“.

La giornalista ha misurato dentro il cuore di ciascun essere umano, registrando quanta indignazione abbia ciascuno espresso pubblicamente. Poi le ha messe su una bilancia ed ha visto che tutti si sono indignati di più per l’orsa che per le suore in Burundi (perché abbia ignorato le sue della Sierra Leone è un mistero che ci indigna) ed infine ci ha dato la sua personalissima morale: quale vita o vestito valga di più.

Riprendiamo anzitutto un po’ di saviezza. Ogni tragedia costituisce un caso a sé che merita

Tutti contro tutti?

rispetto. Rispetto vuol dire che andrebbero evitati i paragoni di ogni tipo. Andrebbero evitati gli elenchi, perché si rischia di dimenticare qualcuno. Andrebbero evitate le false morali e moralizzazioni, fatte in modo generalizzato, ottuso e ignorante. Mescolare le suore agli orsi solo per fare un bell’articoletto è un’insalata di parole irresponsabile. Mettere in competizione l’uomo e l’animale come se si debba necessariamente scegliere chi seviziare o per chi piangere è irragionevole, inumano, non necessario, non richiesto. Inutile.

L’articolo che sembra un po’ come quei film King Kong contro Godzilla serve solo a creare confusione instillando in alcune persone la necessità della competizione uomo-animale, uomo-natura alla base proprio della tragedia accaduta.

Inoltre accusa chi si è commosso, rattristato o indignato per l’Orsa uccisa di mettere al primo posto gli animali o poi gli uomini o comunque di metterli sullo stesso piano. Ma nessuno di quelli che si indignato per l’orsa ha fatto paragoni. I paragoni li hanno fatti i giornalisti (ad hoc) il giorno successivo, pre creare contro-indignazione e ignoranza. E’ lei che nel suo articolo fa continui paragoni fra bambini e uccellini, uomini ed animali.

Come accusare San Francesco che nel suo amore per gli animali si sia dimenticato degli uomini (o degli scout!). Si indigni pure la signora giornalista, ma è l’indignazione chi non ha capito proprio nulla e pretende anche di spiegarlo agli altri.

Orsa con cuccioli

La mamma orsa è inerme, inconsapevole, vive nella natura e protegge i propri piccoli con istinto materno. Il commento ineccepibile di una donna (forse mamma) recita: “L’argomento è vecchio e logoro. Di gente e di bestie ne muore a frotte ogni secondo, ma ciò che indigna nel pasticcio Trentino è l’ignoranza, l’irrazionalità, la volontà di sfruttare politicamente la vicenda e l’odio per tutto ciò che sfugge al governo dell’uomo. L’orsa non era più pericolosa di qualsiasi altro orso. E soprattutto, essendo, appunto, un animale e non un uomo, non era consapevole di nulla. Quindi, non si fa proprio nessuna confusione fra uomini ed animali, ci si arrabbia perché è stato commesso un delitto contro il patrimonio faunistico e naturale in nome di una sorta di riprovazione moralistica del comportamento, peraltro etologicamente ineccepibile, di un prezioso esemplare di una specie protetta.”
 

E’ un delitto sopratutto contro esseri viventi inermi ed inconsapevoli. Metterli sullo stesso piano di chi muore invece perché ha fatto delle scelte consapevoli, difficilissime, scelte di vita di estremo ed invidiabile coraggio è irrispettoso ed indecoroso. Non si può e non si dovrebbe -come fa invece la giornalista- sminuire ed appiattire il coraggio e forse la santità di chi si dedica al prossimo rischiando la propria vita, dandole sopratutto una missione alta e coraggiosa. Prima di fare insalate di orsi e suore, la giornalista, si spolveri il cervello.

Probabilmente le rallenterà la carriera, forse farà qualche articoletto e soldino in meno, forse non sarà d’aiuto al partito e le farà fare menu visualizzazioni su Facebook ma prima di provare a dividere l’opinione creando scontri e frazioni assurde ed inconcepibili (sei pro orsa o pro suore?) provi ad unire, a capire, a rendere un buon servizio alla comunità ed usare meglio la sua vocazione. A fin di bene. Invece di spostare l’attenzione dalle responsabilità, personali e politiche di incompetenti uomini di partito (vicini al suo?) e cercare di salvarne la faccia con argomenti inconcepibili e finto-cristiani, si legga il Cantico dei Cantici, la Genesi o si riveda la bellissima lezione che Papa Francesco ha dato ai potenti del mondo durante la sua prima omelia pontificale. Se non se le ricorda eccole:

«La vocazione del custodire, però, non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti. E’ il custodire l’intero creato, la bellezza del creato, come ci viene detto nel Libro della Genesi e come ci ha mostrato san Francesco d’Assisi: è l’avere rispetto per ogni creatura di Dio e per l’ambiente in cui viviamo. 

E quando l’uomo viene meno a questa responsabilità di custodire, quando non ci prendiamo cura del creato e dei fratelli, allora trova spazio la distruzione e il cuore inaridisce. In ogni epoca della storia, purtroppo, ci sono degli “Erode” che tramano disegni di morte, distruggono e deturpano il volto dell’uomo e della donna. 

Vorrei chiedere, per favore, a tutti coloro che occupano ruoli di responsabilità in ambito economico, politico o sociale, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà: siamo “custodi” della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell’altro, dell’ambiente; non lasciamo che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo! Ma per “custodire” dobbiamo anche avere cura di noi stessi! Ricordiamo che l’odio, l’invidia, la superbia sporcano la vita! Custodire vuol dire allora vigilare sui nostri sentimenti, sul nostro cuore, perché è proprio da lì che escono le intenzioni buone e cattive: quelle che costruiscono e quelle che distruggono! Non dobbiamo avere paura della bontà, anzi neanche della tenerezza!»