Daniele Davì

Il capitale umano

Il Capitale Umano

“Il capitale umano” tratto dal romanzo “Human Capital” di Stephen Amidon è un film eccezionale che parla allo stomaco per far lavorare la testa.

 

E’ un delicato e intelligente filo che lega la casa e la cassa (da morto?), l’investimento nel fondo stradale nevoso e l’investimento nel fondo assicurativo, la copertura bancaria e la copertura di un crimine, il valore del successo e il  valore del succeduto.

 

Il thriller di Virzì è un capolavoro. Una bandiera del cinema italiano che (già capofila per commedie e western) diventa ora maturo per fare scuola e mostrare ad Hollywood che esistono anche thriller senza agenti CIA e macchine che esplodono. Non è l’unico caso (si vedano “Come Dio Comanda” e “La migliore offerta”) e speriamo sia una sensazione sempre più frequente.

 

Impeccabile la fattura tecnica, superba quella artistica con attori che vanno ben oltre il naturalismo, scompaiono completamente e come alieni prendono i corpi dei personaggi aderendovi completamente e servendo la storia ed il suo racconto in maniera incredibilmente vera. “Sono loro”.

 

Con le azioni, i pensieri, i segreti, le preoccupazioni ed i sentimenti. Non ci sono buoni e cattivi, mostri ed eroi ma solo esseri umani nella loro complessità, nella loro bellezza, nella loro miserevolezza, nella loro necessità di riabilitazione o riscatto. Loro con tutto il loro capitale. Umano.

 

Valeria Golino: risece sempre a superare se stessa. Valeria Bruni Tedeschi: sublime in tutte le sue sfaccettature. Matilde Gioli: esordisce e convince. Fabrizio Bentivoglio: strabiliante. Fabrizio Gifuni: maestoso. Guglielmo Pinelli: esordisce e veste bene il suo ruolo. Luigi Lo Cascio: preciso e poetico, una certezza. Giovanni Anzaldo: azzeccato e non scontato, bravo.

 

Non per gentilezza ma per onestà va rimarcato che anche tutti gli altri attori impegnati negli altri ruoli (vedi l’autista), si sono mostrati impeccabili ed all’altezza di tutto il film. Un film che merita i complimenti per scene, costumi, direzione della fotografia, montaggio, dialoghi, location, musiche. Tutto. Tutto ben confezionato, con un ritmo incalzante e talmente giusto da far invidia ai thriller holliwoodiani. Sottile la scelta delle musiche e di quella Rehab che ci portiamo nella testa sin dal trailer fino all’uscita dal cinema (con l’impressione che sia durato pochissimo).

 

I temi di riflessione che ne scaturiscono dalla visione sono molteplici e la storia in sé, come l’ambientazione in Brianza sono il naturale contesto per raccontarli. Problematiche diffuse a livello mondiale e fatti che accadono giornalmente nei più diversi angoli della terra, ma che chiedono nel momento in cui vengono declinati e dipanati di avere un’ambientazione geografico-sociale che sia in grado di risultare fedele e aderente alla storia trattata. Ambientarlo in un contesto totalmente differente non sarebbe stato credibile. L’arte che fa sentire tutti comodi non assolve il suo compito. Solo quando qualcuno si sente a disagio si può dire che l’Arte stia assolvendo il suo compito nella società. Chi ne fa un discorso provinciale guarda il dito e si perde la luna.

Per saperne di più sul capitale umano scarica il rapporto del World Economic Forum sul Capitale Umano.